
Quando nasce un bambino, nasce anche un nuovo modo di vivere la città. Passeggini che faticano a passare tra marciapiedi stretti e auto parcheggiate male, biciclette che devono rinunciare alla strada, spazi verdi insufficienti o inutilizzabili: troppe volte, le città sembrano fatte per tutti tranne che per i genitori.
Ma cosa succederebbe se iniziassimo davvero a progettare città a misura di famiglie?
Secondo Lamberto Bertolé, presidente della Rete italiana Città Sane OMS, la trasformazione è necessaria e urgente. “Costruire città a misura di genitori”, dice, “significa costruire città a misura di comunità”.
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E tutto comincia da un punto cruciale: i primi mille giorni di vita di un bambino, un periodo chiave per lo sviluppo fisico, psichico e relazionale.
Le città che investono in questo frangente non solo migliorano la salute materno-infantile, ma gettano le basi per una società più coesa, sana e inclusiva.
Una città che sostiene chi si prende cura
L’esperienza di una madre o di un padre in città è fatta di micro-ostacoli quotidiani: scale senza scivoli, marciapiedi dissestati, servizi dislocati, assenza di consultori o nidi nel quartiere.
Eppure è proprio nei contesti urbani che si gioca gran parte del benessere dei genitori e dei loro figli.
La Rete Città Sane promuove la creazione di ambienti urbani che:
- favoriscano l’autonomia delle famiglie e dei bambini;
- garantiscano accesso equo ai servizi sanitari ed educativi;
- investano in reti di sostegno alla genitorialità;
- riducano le disuguaglianze territoriali.
Una città “maternamente accogliente” non è un’utopia: è una città dove i bisogni dei più piccoli e di chi se ne prende cura vengono messi al centro delle politiche pubbliche.
Servizi per l’infanzia: dati ancora insufficienti
Secondo i dati più recenti, in Italia ci sono 30 posti in servizi per l’infanzia ogni 100 bambini sotto i 3 anni.
L’obiettivo europeo è fissato al 33%, ma restano fortissime disuguaglianze regionali:
- Umbria: 44%
- Emilia-Romagna: 41%
- Sicilia: 13,9%
- Campania: appena 13%
Le disparità territoriali non sono solo numeri: si traducono in opportunità negate, isolamento delle madri, povertà educativa e stress familiare.
L’asilo nido o il centro infanzia non è solo un “parcheggio”, ma un luogo di relazione, stimolo e crescita per il bambino – e di respiro per il genitore.
Verde urbano e città “bollenti”
Save the Children, nel suo Atlante dell’Infanzia a Rischio, fotografa una realtà allarmante:
- Solo il 2,9% dei capoluoghi italiani è occupato da aree verdi.
- I parchi gioco rappresentano appena il 10,9% del verde urbano.
- 349.000 bambini sono stati esposti a temperature al suolo superiori ai 40°C nella sola estate 2023.
Il cambiamento climatico sta amplificando le disuguaglianze: le famiglie con minori risorse vivono spesso in zone urbane più calde, meno verdi e più inquinate.
Una città senza ombra, senza alberi, senza spazi dove giocare è una città che esclude.
Spazi culturali e inclusione sociale
Le città possono (e devono) diventare motore di equità educativa.
Secondo i dati ISTAT, il 58,8% delle biblioteche pubbliche ha spazi dedicati ai bambini da 0 a 6 anni: una buona notizia, ma ancora parziale.
Save the Children, con progetti come Spazio Mamme, Fiocchi in Ospedale e Poli Millegiorni, offre luoghi sicuri e attrezzati per genitori e figli: sportelli legali, orientamento, laboratori, ascolto.
Un modello virtuoso da replicare, perché contrastare la povertà educativa nei primi anni significa prevenire e non solo intervenire.
Serve una visione nuova delle città
Le città non sono solo sfondo, ma attori attivi di salute.
Ogni scelta urbanistica – dalla gestione del traffico alla progettazione degli spazi pubblici – ha un impatto diretto sul benessere fisico e mentale di bambini e genitori.
Ripensare la città con gli occhi di una madre o di un padre è uno sforzo culturale e politico.
Significa:
- più asili e servizi integrati,
- più verde pubblico fruibile,
- più sicurezza nella mobilità dolce,
- più inclusione sociale nei quartieri.
Investire in città “amiche della maternità” è un investimento nel capitale umano, nella salute pubblica e nella democrazia relazionale.