
Revisione genetica dell’invecchiamento: una chiave per allungare la vita
Uno dei filoni più promettenti della scienza moderna è la possibilità di modificare i geni legati alla longevità per rallentare o addirittura invertire il processo di invecchiamento. Tra questi geni, uno dei più studiati è FOXO3, appartenente alla famiglia dei fattori di trascrizione FOXO (Forkhead box O). Il gene FOXO3 è stato associato alla longevità in numerose popolazioni, con alcune varianti genetiche che compaiono molto più spesso in centenari sani rispetto alla popolazione generale.
Ti piacciono i nostri articoli? Seguici in tempo reale: iscriviti a SPARKLIFE.IT sulla nostra PAGINA FACEBOOK e attiva le notifiche! Oppure seguici su INSTAGRAM CLICCANDO QUI o al canale TELEGRAM!
Ma come funziona? Il gene FOXO3 è coinvolto nella regolazione di processi cellulari fondamentali: riparazione del DNA, controllo dell’infiammazione, risposta allo stress ossidativo e morte cellulare programmata (apoptosi). In pratica, quando attivo, FOXO3 aiuta le cellule a mantenersi più “giovani” e resilienti.
Leggi anche: Il futuro della medicina e della scienza: aspettativa di vita nel 2100 e l’ipotesi dell’immortalità
Con l’avvento delle tecniche di gene editing, come CRISPR-Cas9, oggi è teoricamente possibile intervenire direttamente sul DNA umano per “correggere” o potenziare geni come FOXO3. Alcuni studi su modelli animali, come i topi, hanno dimostrato che modifiche su questi geni portano a un’estensione significativa della vita e a una riduzione dei segni dell’invecchiamento.
Ipotesi realistiche per il 2100:
- Interventi genetici personalizzati in età adulta per potenziare la longevità.
- Screening genetici neonatali con editing preventivo dei geni legati all’invecchiamento.
- Terapie combinate che attivano i fattori FOXO in modo mirato tramite farmaci o vettori virali.
Tuttavia, il rischio etico e biologico di modificare il genoma umano è ancora alto: potenziali effetti collaterali, mutazioni indesiderate e impatti sulle generazioni future devono essere gestiti con estrema cautela.
Ripristino telomerico: rallentare l’orologio biologico delle cellule
I telomeri sono regioni terminali dei cromosomi, composte da sequenze ripetute di DNA non codificante. Funzionano come le punte protettive dei lacci delle scarpe, impedendo al DNA di degradarsi durante le divisioni cellulari. Ad ogni replicazione, però, i telomeri si accorciano progressivamente, e quando diventano troppo corti, la cellula entra in senescenza o muore: questo è uno dei meccanismi fondamentali dell’invecchiamento biologico.
La buona notizia è che alcune cellule del corpo, come quelle staminali e le cellule germinali, possiedono un enzima chiamato telomerasi, capace di ripristinare la lunghezza dei telomeri. Tuttavia, nella maggior parte delle cellule somatiche, la telomerasi è poco attiva o assente.
Negli ultimi decenni, i ricercatori hanno iniziato a sperimentare tecnologie per riattivare la telomerasi in modo controllato. Studi condotti su topi hanno mostrato che aumentando l’attività della telomerasi, è possibile non solo allungare la vita media, ma anche invertire alcuni segni tipici dell’invecchiamento, come l’atrofia cerebrale, l’infertilità e l’osteoporosi.
Ipotesi realistiche per il 2100:
- Terapie anti-età basate su attivatori selettivi della telomerasi.
- Nanotecnologie che trasportano direttamente la telomerasi nelle cellule in modo mirato.
- “Reset” telomerico periodico attraverso terapie geniche somministrate ogni decennio per ringiovanire l’organismo.
Il principale ostacolo rimane il rischio di oncogenesi: molte cellule tumorali riescono a diventare “immortali” proprio riattivando la telomerasi. La sfida scientifica del futuro sarà quindi differenziare con precisione tra cellule sane da ringiovanire e cellule potenzialmente pericolose da sopprimere.